Tutto il putiferio mediatico di questi giorni nasce da una decisione della Suprema di Cassazione.
La Corte, infatti, con la sentenza n. 21593/17 (depositata in data 19 settembre 2017), ha deciso su di una vicenda accaduta nel 2011: gli “ermellini” della terza sezione civile, chiamati a pronunciarsi sulla morte di un bimbo investito da un autobus di linea fuori dalla scuola, hanno ribadito che sussiste un preciso obbligo di vigilanza da parte del personale scolastico «di far salire e scendere dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola gli alunni, compresi quelli delle scuole medie, e demandando al personale medesimo la vigilanza nel caso in cui i mezzi di trasporto ritardino». La vigilanza, da parte dell’amministrazione scolastica, dunque, non si sarebbe dovuta interrompere fino a quando «gli alunni dell’istituto non venivano presi in consegna da altri soggetti e dunque sottoposti ad altra vigilanza, nella specie quella del personale addetto al trasporto».
Da questa decisione “apriti cielo”: in tutta Italia decine e decine di presidi hanno comunicato alle famiglie che da quest’anno i quasi adolescenti non potranno uscire da scuola da soli.
In realtà la sentenza non dice nulla di nuovo , né cambia le carte in tavole.
Nel nostro ordinamento una norma specifica disciplina il reato di abbandono: art. 591 c.p. che recita “Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”, finché essa sarà in vigore la problematica rimarrà invariata, almeno per i minori di 14 anni.
Scrivevo in un parere dato all’Associazione nel febbraio 2013:
“L’età del minore e la sua maturazione quindi riveste grande importanza a livello di responsabilità sia durante l’attività che nel momento finale“.
Si deve segnalare anche però che molti dirigenti della scuola pubblica vista la problematica nascente dalla richiesta di genitori di far tornare a casa i propri figli da soli a casa hanno richiesto pareri all’Avvocatura dello Stato (pareri del 4/12/2000 e del 10/1/2001 della sezione di Bologna) e alle autorità pubbliche a tutela dei minori (parere dell’Ufficio del pubblico tutore dei minori della regione Friuli del 15/10/2004): in questi pareri, che non hanno alcuna valenza legislativa né valore vincolante neanche giurisprudenziale, si mette in rilievo che una semplice liberatoria può addirittura sostanziare una condivisione di responsabilità tra scuola e famiglia (“sapevi che i genitori non venivano a prenderlo e lo hai lasciato andare lo stesso”). Il discrimine tra lecito e illecito è davvero sottile. Sul piano strettamente legale, e volendo interpretare in modo letterale l’art. 591 del Codice penale (abbandono di minore) e gli art. 2047 e 2048 del codice civile (obbligo di vigilanza sui minori e risarcibilità dei danni da essi cagionati), il genitore, il tutore, l’insegnante o il precettore di un minorenne non dovrebbero mai lasciarlo senza assistenza. In particolare il docente dovrebbe consegnare il minorenne o ad un altro docente o al genitore o a un suo delegato. Solo così si è sicuri di non incorrere in errore e responsabilità”.
Il mio parere oggi non cambia, attendendo gli sviluppi legislativi promessi da più parti, suggerisco la massima cautela soprattutto con i minori di 14 anni per i quali è imperativo all’uscita dai Circoli o dalle attività della Associazione che vengano presi in custodia dai genitori o da altri adulti espressamente delegati dai genitori stessi.
Avv. Guido Cinalli