Incontro circoli ogni giorno. Conosco situazioni belle, incredibilmente belle e situazioni disastrate. In tutte ci sono gli stessi problemi.
Nelle prime i problemi sono affrontati con l’entusiasmo del bicchiere mezzo pieno. Nelle seconde gli stessi problemi diventano macigni insormontabili.
Lo sconforto è totale, l’entusiasmo è perduto definitivamente, la volontà di lottare è scomparsa. È inevitabile che in tali situazioni non venga a nessuno la voglia di buttarcisi, di offrire aiuto, un po’ del proprio tempo, del proprio lavoro, di generare e produrre idee, iniziative, proposte, progetti. La situazione è già mummificata. I pochi volontari rimasti sono aggrappati alle ultime scartoffie in preda al raptus di perdita dell’ultimo brandello di potere.
Alle domande seguono sempre le medesime risposte: non c’è più nessuno, non viene nessuno, i giovani sono scomparsi da sempre, i ragazzi dopo i 10-12 anni si allontanano, gli adulti non vengono.
Scavando con domande mirate, si scopre sempre la stessa tragedia. Di tragedia, infatti, si tratta: un paio di elementi, se non addirittura uno, sempre quello, che si trascina al circolo, apre il bar, si posiziona dietro il bancone, e aspetta i … clienti.
Passate le due ore di apertura, l’incaricato annota di aver incassato € 2,35, quando non zero introiti, chiude il cassetto, chiude il bar, chiude il circolo, e chiude la giornata.
La successione maniacale delle chiusure è il paradigma di una situazione chiusa, definitivamente morta e sepolta. Domani, e sabato, e domenica sarà sempre così: un’apertura annoiata seguita da quattro chiusure, che diventano cinque e sei con la definitiva chiusura dell’ambiente.
Poiché, fortunatamente, quella situazione può essere di tutto tranne che un Oratorio, un Circolo giovanile, o parrocchiale, non si chiude un Oratorio, si chiude un nulla che viene proditoriamente definito “Circolo NOI”.
Questa presunzione di definirsi ciò che non si è, a me procura fastidio perché assomiglia assurdamente all’attività imprenditoriale abusiva (in “nero”) travestita da ente associativo, al fine di fruire indebitamente di agevolazioni ed esenzioni fiscali riservate agli enti associativi di promozione sociale.
Con la riforma del Terzo settore certe forme di parassitismo dovrebbero scomparire, anche se non del tutto giacché i “furbetti” esisteranno finché esiste l’umanità.
Una seconda situazione frequentemente individuata è quella identica alla prima con la differenza che la somministrazione del bar funziona, rende. Si lavora, gli avventori ci sono, dal gruppo di anziani che se la raccontano urlando le prodezze con voce roca e scatarrata, centellinando il bicchiere di vino col mignolo alzato, ai ragazzotti che rientrano dal campo sportivo accaldati e grondanti, ai ragazzetti dotati di pattini e alle ragazze in tutù e scarpette, ai bambini scarmigliati con palle e palloni sotto le ascelle.
In questo secondo gruppo di Circoli, si trovano poi le cosiddette “attività”. Intenzionalmente ho usato il termine “cosiddette” giacché sono “dette così”, sono definite attività del circolo, ma in effetti sono attività svolte da altri in totale autonomia organizzativa e amministrativa, quindi “abusive” sotto il profilo amministrativo, rigorosamente “in nero” sotto il profilo fiscale, perché entrate e uscite non transitano dalla contabilità del circolo, ma restano nelle mani dell’intraprendente “volontario/volontaria”, e magicamente garantite da copertura assicurativa perché gli utenti sono obbligatoriamente tesserati NOI. Sono convinto che “molti” si stupiranno di sentirmi dire che si tratta di una truffa sotto tutti i tre profili, e che il Circolo se ne rende complice.
- una attività qualsiasi non diventa attività del Circolo solo perché è svolta nello spazio in cui opera anche il circolo, o perché è svolta verso persone tesserate al circolo NOI;
- determinate attività per essere legittime devono esser svolte da persone in possesso di adeguato titolo professionale; l’attività svolta da terzi in totale autonomia amministrativa e fiscale ricade totalmente sotto la responsabilità dell’operatore autonomo; ma chi offre spazi e opportunità ne diventa complice e come tale ne paga le conseguenze;
- le coperture assicurative collegate al possesso della Tessera NOI valgono per le attività svolte dal NOI; l’assicurazione NOI non è un’assicurazione sulla vita, è un’assicurazione sulle attività del circolo NOI, svolte dal Circolo in tutta responsabilità e nei confronti del tesserati NOI.
Poiché le tre ipotesi configurano la truffa, i circoli che operano con questa modalità devono smettere di affermare che fanno attività associativa, devono smettere di dare spazio e opportunità a chi svolge attività imprenditoriale (piccola o grande, non importa) abusiva ed evasiva, oltre che NON assicurata.
La terza situazione è invece migliore della seconda: non ci sono attività “cosiddette”, perché tutto origina da un consiglio che funziona, che non cerca scappatoie, combinamenti, oltre a tutto quel che ho scritto, si aggiungono il doposcuola, le attività manuali, i giochi organizzati, il lavoro degli animatori, il gioco di cortile, l’attenzione agli altri e all’ambiente, la presenza del consigliere spirituale, la formazione, la cultura, l’arte, la carità organizzata, la missionarietà, la mondialità, l’accoglienza, l’assistenza, la festa, … Frotte di responsabili, di animatori, di volontari garantiscono presenza, animazione, interesse, iniziative. Nessuno resta estraneo, nessuno isolato, nessuno dimenticato. Nessuno gestisce piccole casse in proprio, l’amministrazione è unica, centralizzata, ordinata, corretta, trasparente. E poiché le cose così programmate, organizzate e gestite funzionano, il circolo è attivo, coinvolgente, vera associazione di promozione sociale, e tutti sono contenti.
Anche il circolo più bello del mondo, se non ha l’anima(tore), rimane vuoto.
Quando m’è venuta l’idea di incontrare i circoli per verificare insieme come sono formalmente gestite le attività sotto i diversi profili: organizzativo, procedurale, amministrativo, economico, fiscale ho costruito una griglia di domande per ambiti, prospettive, pertinenze, competenze. Una griglia che con la progressione delle verifiche è venuta ampliata, precisata, mirata; se nonché talvolta arrivo al punto di “mollare”, di rinunciare all’approfondimento, di lasciare perché l’atteggiamento dei miei interlocutori diventa “fasullo”: le risposte sono calibrate per mascherare le troppe incongruenze che emergono dall’indagine; che a quel punto l’indagine diventa inutile ed è abbandonata. Il fatto che ciò succeda spesso, riempie di tristezza. Vuol dire che tanti “amministratori” (il codice della Riforma del Terzo settore definisce così i “consiglieri”) ritengono di fare già più di quanto debbano e non sono disponibili a fare più di quanto già non facciano.
Va beh! Rimanere fuori dal Terzo settore non sarà la fine del mondo. Chi non vuole o non può entrarci rimane sempre associazione che si definisce circolo NOI, affiliato al NOI, con tesserati NOI, che farà né più né meno di quel che ha sempre fatto, senza regime fiscale agevolato, senza 398, senza 5×1000, senza tutto l’ambaradan messo su dalla riforma. Per questa ineluttabilità siamo già a un buon punto con la configurazione degli obblighi amministrativi, contabili e fiscali che ne deriveranno. Ci saranno due percorsi, ogni circolo farà la scelta.
A questo punto viene d’obbligo una riflessione sulla “qualità” degli amministratori (consiglieri). A quel che intuisco dall’indagine sui circoli, la scadenza del mandato di un consiglio direttivo (che il codice della riforma definisce “organo amministrativo”) è il momento più tragico della vita di un circolo. Lì, ci si scontra con le difficoltà a “trovare” i candidati. Quelli a fine mandato sono di due tipi: c’è chi non vede l’ora di sollevarsi dall’impiccio e chi invece non vuole mollare (come l’antagonista di Gatto Silvestro).
Drammatica si può definire la situazione a fine mandato di tanti Circoli NOI: ma chi volete che sia disposto a candidarsi in un ente che non esprime nulla che abbia senso per cui impegnare il proprio tempo, le proprie energie, il proprio servizio?
Ma poiché senza candidati non si va da nessuna parte ci sono due opzioni possibili, anche se entrambe negative: una è tirar dentro nell’elenco dei candidati chiunque non abbia abbastanza convinzione a rifiutare, anche perché gli si assicura che non c’è proprio nulla da fare (ed è vero, nel senso che la situazione non ha vie di uscita); l’altra è, con alzata di mano unanime veloce come una schioppettata, la conferma dell’intero consiglio per altri quattro anni. Il quattro dev’essere un numero esoterico: quattro sono i gatti che formano l’assemblea, quattro sono i candidati all’elezione, quattro le mani che si alzano, quattro i consiglieri confermati, quattro gli anni di prolungamento dell’agonia. E poi, perché quattro: numero pari? “Perché il quinto è il consigliere spirituale: il parroco!”. Serve spiegare che il consigliere spirituale non è eletto, quindi non fa parte del consiglio direttivo per gli effetti di legge? No, non serve: pare un concetto che supera l’umana capacità di pensiero.
Impossibile stupire se alla domanda “ogni quanto si convoca il Consiglio?” si sente balbettare “ogni quattro anni, per il rinnovo”. Già per questa risposta, data con la convinzione di fare il minimo ma anche tutto il necessario, nei primi dieci minuti dell’intervista, si potrebbe chiudere baracca. C’è perfino chi arriva con niente, neanche una cartina. Per fortuna la maggioranza non è così.
Si diceva, dunque, della qualità degli amministratori: il comma 3 dell’articolo 26 del Codice di Riforma del terzo settore subordina l’assunzione della carica di amministratore (vuol dire che per candidarsi all’elezione nel Consiglio direttivo del circolo) al possesso di (bisogna avere) specifici requisiti di onorabilità (non il primo sconosciuto che si propone), di professionalità (non basta fare numero; bisogna sapere amministrare e gestire correttamente il Circolo) e indipendenza (che vuol dire libertà da conflitti di interesse), anche con riferimento a requisiti previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di rappresentanza o da Reti del Terzo settore (come del resto prevede il Regolamento interno predisposto da NOI Associazione, ad uso dei Circoli affiliati).
In sintesi, per candidarsi alla elezione nel Consiglio occorre onorabilità, professionalità, indipendenza, e altre caratteristiche richieste dalla tipologia dell’ente associativo. Con riferimento alla professionalità, occorre aggiungere che per effetto della responsabilità civile e penale ad essi attribuita, eventuali comportamenti omissivi e trasgressivi delle norme del codice sono sanzionati, pesantemente, con penalità che possono arrivare fino a venti mila euro per ciascun componente del consiglio. Altro che candidarsi per aver ceduto dopo il terzo “no”.
Conclusione.
Qualche settimana fa ho avuto il primo incontro conoscitivo con la Presidente del CSV di Verona, che è anche la Vice presidente nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato che il nuovo Codice di Riforma del Terzo settore con il comma 5 dell’articolo 93 prevede nelle funzioni di controllo sugli enti iscritti nel nuovo Registro. I controlli sugli enti (comma 1 dell’articolo 93) sono finalizzati ad accertare la sussistenza e la permanenza dei requisiti necessari alla iscrizione al Registro; il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità sciale; l’adempimento degli obblighi derivanti dalla iscrizione al registro; il diritto di avvalersi anche dei benefici fiscali della riforma e del cinque per mille; il corretto impiego delle risorse finanziarie.
Il primo ente che svolge tali controlli è l’Ufficio del Registro territorialmente competente: per NOI Verona è quello della Regione Veneto, per i Circoli in provincia di Brescia, che è Regione Lombardia, è l’Ufficio di quella Regione, come per i circoli privi di ente territoriale, seguiti da NOI Verona, saranno gli uffici del Piemonte, dell’Emilia Romagna, della Toscana, delle Marche, della Puglia, della Calabria, della Sicilia. Gli accertamenti possono essere documentali, anche con visite e ispezioni periodiche.
Identico controllo saranno incaricati a svolgere i CSV e le Reti nazionali (NOI Associazione) purché risultino in possesso di requisiti tecnici e professionali stabiliti da apposito decreto ministeriale non ancora emanato, e appositamente autorizzati dal Ministero del Lavoro, il quale vigila sull’attività di controllo espletata da Reti e CSV.
Quando alla Presidente del CSV di Verona ho raccontato di incontrare i Circoli per una verifica finalizzata a capire quanti potrebbero aspirare a rientrare nel nuovo Registro nazionale, si è emozionata, ha fatto gli occhi “da pesce stracco”, e ha esclamato: “ma questo è l’autocontrollo …., quanto mi piacerebbe farlo anch’io”. Poverina, non sa cosa dice. Sapesse quanta fatica a fingere di credere alle balle spaziali che i miei interlocutori inventano per farmi ritenere vero quello che vero non è.