Mettersi in ascolto, riconoscere il dono della giovinezza, testimoniare e accompagnare solo gli atteggiamenti da assumere
Il Sinodo non è un Parlamento. È uno spazio protetto perché lo Spirito Santo possa agire». La dichiarazione di papa Francesco può essere usata per giustificare anche il silenzio mediatico sul Sinodo dei giovani da poco concluso. Ha attirato un po’ più di attenzione qualche evento pubblico. Così anche al Documento finale non sono state riservate risonanze significative, anche in ambito ecclesiale.
Dentro questo contesto, per l’ambito nel quale ci muoviamo come Noi Associazione è significativo fare riferimento al n. 143 del Documento finale con il titolo “Centri giovanili”: “Spazi specifici dedicati dalla comunità cristiana ai giovani, come gli oratori e i centri giovanili e altre strutture simili manifestano la passione educativa della Chiesa. Essi si declinano in molti modi, ma rimangono ambiti privilegiati in cui la Chiesa si fa casa accogliente per adolescenti e giovani, che possono scoprire i loro talenti e metterli a disposizione nel servizio. Essi trasmettono un patrimonio educativo molto ricco, da condividere su larga scala, a sostegno delle famiglie e della stessa società civile. Nel dinamismo di una Chiesa in uscita è però necessario pensare a un rinnovamento creativo e flessibile di queste realtà, passando dall’idea di centri statici, dove i giovani possa- no venire, all’idea di soggetti pastorali in movimento con e verso i giovani, capaci cioè di incontrarli nei loro luoghi di vita ordinaria scuola dell’ambiente digitale, le periferie esistenziali, il mondo rurale e quello del lavoro, l’espressione musicale e artistica, ecc. generando un nuovo tipo di apostolato più dinamico e attivo”.
Parole che possono diventare emblematiche di una tensione tra due attenzioni, due poli di interesse presenti in tutto il documento e forse in tutto il Sinodo.
Da una parte il non perdere la ricchezza di una comunità cristiana che si è sempre preoccupata del mondo giovanile e che può vantare di essere una delle poche realtà che non hanno mai smesso di dialogare con i giovani. Qualcuno ha criticato il titolo del Sinodo sulla parola vocazione, perché si temeva che il percorso sinodale si potesse chiudere dentro un ambito troppo ristretto, parlando di vocazione come ricchezza all’interno della Chiesa per i giovani che ci sono, in particolare per chi sta scegliendo una strada specifica. Le sottolineature di questo aspetto, nel Documento finale sono piuttosto ampie e dettagliate. Senza con questo farsi nessuna illusione che, in generale, con i giovani le cose adesso vadano bene. Lì dove i giovani e le giovani decidono della propria identità presente e futura non scatta più quasi alcun interesse per la proposta e le promesse di vita che vengono dalla parola di Gesù.
C’è piena consapevolezza che “spesso il fiume della vita giovanile scorre ai margini della comunità parrocchiale, senza incontrarla” (ivi, 18). “Il Sinodo è consapevole che un numero consistente di giovani non chiedono nulla alla Chiesa perché non la ritengono significativa per la loro esistenza. Alcuni, anzi, chiedono espressamente di essere lasciati in pace, poiché sentono la sua presenza come fastidiosa e perfino irritante. Tale richiesta… affonda le radici in ragioni serie e rispettabili” (ivi, 53).
Dall’altra, emerge molto forte il desiderio missionario di rimettersi sempre in cammino: è vivo il desiderio di raggiungere tutti i giovani: “Tutti i giovani, nessuno escluso, sono nel cuore di Dio e quindi anche nel cuore della Chiesa” (ivi, 117).
Il Papa, nell’incontro presinodale di marzo, aveva detto ai giovani: «Se mancate voi, ci manca parte dell’accesso a Dio». E il termine vocazione riceve allora la forza della missione verso l’esterno, verso gli altri, verso chi non c’è. Non per proselitismo ma verso la vita e i problemi reali della vita dei giovani, ai quali offrire la ricchezza del Vangelo. Se «il risultato del Sinodo non è un documento, ma siamo noi come persone», afferma papa Francesco, è importante mantenere vivi alcuni atteggiamenti: «Come Chiesa di Gesù desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti» (Omelia della Messa conclusiva del Si- nodo, 28 ottobre).
Riconoscere il dono della giovinezza (Documento finale, parte 2a, capitolo I) senza illudersi di aiutare i giovani praticando il “giovanilismo”. Bisogna piuttosto rispettare e amare il fatto che “i giovani desiderano mettere a frutto i propri talenti, competenze e creatività e sono disponibili ad assumersi responsabilità” (ivi, 52).
Testimoniare. «Non è cristiano aspettare che i fratelli in ricerca bussino alle nostre porte; dovremo andare da loro, non portando noi stessi, ma Gesù. […] Ci manda a dire ad ognuno: “Dio ti chiede di lasciarti amare da Lui”» (Papa Francesco, Omelia della Messa conclusiva).
Accompagnare, uno dei verbi chiave del Sinodo, non è scortare per essere sicuri che i giovani non sbaglino strada, ma è entrare in un movimento di reciprocità, di compagnia (cum-panis) che trasforma, rimette in movimento tutti (Chiara Giaccardi).
don Paolo Zuccari, presidente di NOI Verona per il settimanale diocesano Verona Fedele del 18/11/2018