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Riforma del Terzo Settore – paura parte I

Pillola #04 

Trovo sorprendente la reazione di tanti responsabili di circolo NOI che alla presentazione della Riforma, con richiami a norme specifiche obbliganti e stringenti, esprimono atteggiamenti di rifiuto e di sdegno: “ma allora non si può più fare niente!”, “beh, se le cose stanno così, è meglio chiudere il circolo”, “ma insomma, siamo volontari, ci spendiamo per gli altri, ma adesso ci sono troppi vincoli e paletti”; “e, poi, perché rischiare?”. Un concerto di lamentazioni indignate.

Confermo: sono sorprendenti queste reazioni, perché le norme contenute nella riforma del Terzo settore sono le norme che ci sono anche adesso, norme che ci sono da sempre. Per NOI, alla fine del giro, sotto il profilo fiscale, normativo, tributario, amministrativo, non ci sono particolari difficoltà a delineare il quadro del regime per le APS (Associazioni di Promozione Sociale): alla fine, ripeto, le condizioni di vantaggio, qualora la Commissione della Comunità Europea concederà il proprio assenso alla riforma, saranno migliori di quelle di oggi (che diventerà il “passato”).

La differenza che infastidisce gli operatori, non è, quindi, che le condizioni siano peggiori, ma che per essere considerati enti del Terzo settore, bisogna essere enti del Terzo settore. Pensa un po’ che fatica!!!

Son quasi quarant’anni che il Segretario raccomanda regolarità, trasparenza, democraticità, correttezza, rispetto delle regole. Dopo la pubblicazione del Codice del Terzo Settore il mantra del segretario ripete le stesse parole: regolarità, trasparenza, democraticità, correttezza, rispetto delle regole.

Ecco la conferma: la differenza che infastidisce è che per essere considerati enti del Terzo settore, bisogna essere enti del Terzo settore. Niente di più e niente di meno.

C’è poi un’altra differenza molto importante: c’è che la riforma prevede controlli, monitoraggi, indagini, visione di bilanci che diventano pubblici; e certe “libertà” che il circolo si permette con estrema disinvoltura sono sanzionate. Ora, poiché per essere considerati enti del Terzo settore bisogna essere enti del Terzo settore e per essere tali non bastano le parole: occorrono fatti, relazioni, racconti; occorrono le prove.

Quando sentono parole come “relazioni”, “racconti”, “prove”, i miei interlocutori accennano uno svenimento: gli si chiede troppo! In effetti tutto diventa troppo quando non s’è mai fatto niente.

Ci siamo stracciate le vesti per lo scandalo di attività imprenditoriali travestite da Associazioni e da Onlus al solo fine di non pagare tasse. Anche NOI abbiamo ricevuto da finte APS e finte ONLUS, spaventate dalla riforma, richieste di far parte di NOI Associazione. Il disorientamento generale deve fare intuire che per questi enti allo sbaraglio restare fuori dal Terzo settore vuol dire la fine di tutto. Non so se la riforma arginerà questo scandalo tipicamente italiano, ma sono convinto che gli abusivi avranno vita sempre più difficile. Giustamente, dico io. E ripeto “giustamente” anche per i circoli NOI che si illudono di continuare l’andazzo che nulla ha di associativo.

Negli ultimi mesi abbiamo registrato la chiusura di una dozzina di circoli NOI, spaventati dalla Riforma. A parte la tristezza per un torto ingiusto fatto al NOI, abbiamo percepito l’intenzione di togliersi l’abito dell’associazione per continuare le loro attività piccole o grandi, poche o tante, senza vincoli di sorte, facendo conto sull’anonimato, sull’insignificanza.

Sull’insignificanza si potrebbe anche scommettere, sull’anonimato ci penserà l’Agenzia delle entrate, che davanti alla moria di enti che “scappano” potrebbe incuriosirsi anzichenò.