La riforma del Terzo Settore, Decreto Legislativo n. 117 del 3 luglio 2017, ha introdotto un nuovo inquadramento giuridico del volontario, che può esplicare la propria attività nelle diverse tipologie di enti che entrano nel RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) non soltanto nelle Organizzazioni di Volontariato.
Sette anni fa, 2015, l’ISTAT segnalava che in 336 mila enti operavano 790 mila dipendenti e cinque milioni e mezzo di volontari, praticamente sette volontari per ogni dipendente.
Tali numeri certificano quanto l’attività di volontariato sia, per il Terzo Settore, parte costitutiva e preponderante, componente primaria e portatrice di valori; anche per i Circoli NOI che nel RUNTS sono iscritte come APS, Associazioni di Promozione Sociale.
Gli articoli 17, 18 e 19 del C.T.S. regolano e tutelano l’attività del volontario, sia singola che organizzata. La nuova impostazione trasforma il volontario in protagonista anche per il valore che assume il suo legame con la comunità in cui opera. Prima della riforma il volontario operava tramite l’organizzazione di riferimento, ora il volontario svolge l’attività per la comunità e per il bene comune, senza la necessità di sottomettersi a obblighi associativi. Quest’ultimo concetto, tuttavia, si scontra con la necessità di sottostare a determinati adempimenti associativi che fanno parte della nostra storia e struttura organizzativa.
L’obbligo del Registro dei Volontari, introdotto dall’articolo 18 del Codice del Terzo Settore, che dev’essere numerato e vidimato prima dell’utilizzo e la copertura assicurativa per Responsabilità civile, Infortuni e Malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, hanno messo in difficoltà più di qualche responsabile, anche per il non ancora emanato decreto Ministeriale congiunto, promesso per il gennaio 2018, che avrebbe individuato meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche. La mancata decretazione ha obbligato i responsabili ad “arrangiarsi”, per tutelarsi da minacciose sanzioni.
Il comma 6 dell’articolo 17 non considera “volontario” l’associato che occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni; purtroppo qualcuno ha scritto che i volontari occasionali sono obbligatoriamente assicurati anche contro le malattie, anche se non inseriti nel Registro dei volontari.
L’attività di volontariato non può essere retribuita in alcun modo, né dall’ente, né dal beneficiario. Al volontario possono soltanto essere rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute e regolarmente documentate per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dagli enti stessi. Il Consiglio di amministrazione del Circolo deve deliberare fino a quali limiti di spesa il volontario potrà essere rimborsato per il proprio servizio. La delibera dev’essere verbalizzata e trasferita nel regolamento. In particolare, il CdA decide l’importo del rimborso chilometrico per l’utilizzo di mezzo di trasporto personale, sia per tipologia che per cilindrata, e l’eventuale importo massimo rimborsabile per spese di colazione, pranzo, cena e alloggio. Il volontario dev’essere rimborsato sollecitamente, ma limitatamente a spese effettivamente sostenute e regolarmente documentate. Senza documentazione probante non è consentito alcun rimborso.
Anche la semplificazione introdotta dal comma 4*, per rimborsi giornalieri non superiori a 10 euro, e non superiori a 150 euro al mese, comportano una autocertificazione con assunzione di responsabilità penale da parte del volontario che dovrà garantire la conservazione della documentazione delle spese sostenute, corrispondenti alle condizioni deliberate dal Consiglio di Amministrazione per questo tipo di rimborso.
Sono rigorosamente vietati tutti i tipi di rimborso forfetario.
Il Consiglio di amministrazione deve attivare il Regolamento interno, che dovrà essere approvato anche dall’Assemblea degli associati.