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Materassi, pentole, corsi e varie … facciamo chiarezza

1° caso: materassi
Più di 500 euro per una serata di promozione materassi”. La voce gira e desta interesse, dopotutto si tratta di risorse economiche di facile reperimento che fanno comodo e con le quali promuovere le attività di interesse generale!  

In Segreteria si danno informazioni, ma viene interpellata quando il disastro è già avvenuto, quando non è più possibile aggiustare gli sbreghi.

Al netto di quanto viene raccontato dai “materassai”, la somma di denaro riconosciuta al circolo non rientra nei contributi, non è un finanziamento né tantomeno erogazione liberale. Si tratta di autentico introito commerciale che il circolo riceve per aver messo a disposizione dell’azienda (si spera intestataria di P. IVA) uno spazio (parrocchiale) e la propria platea associativa per favorire la promozione e la vendita di prodotti di un terzo, fatto che contrasta con le finalità di interesse sociale nonché con lo statuto associativo.   

Quel che in realtà si instaura tra ente e “azienda” è un rapporto sinallagmatico, ovvero un’obbligazione corrispettiva: a fronte di spazio e persone messe a disposizione dal circolo all’”azienda”, quest’ultima riconosce un corrispettivo economico, ovvero paga per il servizio di cui ha goduto, fatto che richiede obbligatoriamente l’emissione di regolare fattura da parte del circolo per l’introito riconosciuto e l’inserimento a bilancio (modello D) di quanto incassato nella tabella B “entrate diverse”.

Spesso è sufficiente domandare la partita IVA in occasione del primo contatto per smascherare truffe di cui l’ente rischia di diventare complice.


2° caso: corsi erogati da privati
Organizziamo un corso di ginnastica dolce, yoga, cucina vegana, taglio e cucito“, oppure di una qualsiasi altra “fantastica” iniziativa.

Funziona così: c’è una persona bravissima, disponibilissima, magari pure tesserato, che svolge l’attività nei confronti degli associati, rigorosamente tesserati, perché “tutti devono avere la copertura assicurativa”, che ci versa un “tot” come rimborso spese per luce, riscaldamento, pulizie, eccetera. Ovviamente i partecipanti versano una quota direttamente al “maestro”, bravo, volontario, con la quale paga sé stesso.

Anche se messa giù di brutto, chi viene a chiedere come procedere in contabilità, ce la racconta lunga e arzigogolata. Perché NOI fingiamo di essere duri di comprendonio.


In entrambe le casistiche si pone un problema quando si dovrà redigere il bilancio, o il rendiconto, perché con molta probabilità il circolo non riceverà documentazione fiscale pertinente.
Nel secondo caso c’è pure un “buco” perché si racconta un’attività che nel bilancio non compare, essendo la medesima erogata da un terzo a favore di sé stesso.
In entrambi i casi c’è una evasione fiscale.

  1. Il Circolo che non è proprietario del bene parrocchiale in comodato d’uso, non è legittimato a concederlo per attività altrui senza esplicita autorizzazione della proprietà, che è il parroco.
  2. La cessione onerosa di spazi non è attività istituzionale, quindi è sempre commerciale e come tale va’ regolarmente fatturata (riunioni condominiali, feste compleanno, ecc…).
  3. Se chi chiede lo spazio a fronte del vostro servizio si accontenta di una semplice ricevuta, o del bonifico tramite IBAN, non vuol dire che la procedura è corretta:
    • Il Circolo è evasore fiscale perché l’obbligo di fatturazione compete al Circolo, non al venditore. E se il circolo non è intestatario di Partita IVA il venditore non può accontentarsi di una ricevuta. Ma soprattutto il Circolo NON è in regola con il Fisco.
    • • Il Circolo senza partita IVA non può rimediare con una ricevuta, perché l’attività è prettamente commerciale, e come tale dev’essere regolarmente fatturata.
  4. Tutto questo perché:
    • L’attività non è istituzionale, non è di “interesse generale”, non è prevista dallo statuto, si tratta di attività diversa che l’ente può svolgere purché in regola col fisco.
    • • Il Circolo mette a disposizione spazi non propri per lo svolgimento di un’attività NON autorizzata.
    • • L’attività non gestita dal circolo NON è mai assicurata, perché la copertura assicurativa garantisce i tesserati durante le attività svolte dal circolo, individuate, verbalizzate, promosse dal Consiglio e gestite direttamente dal Circolo.
    • • L’attività gestita dal venditore di materassi, di pentolame, dal cuoco vegano, dalla maestra di ballo, dall’insegnante di yoga, dall’appassionata di taglia e cuci, anche se rivolta a tesserati, NON è MAI coperta da assicurazione.
    • • L’assicurazione per i tesserati NOI non è una polizza vita; è una garanzia sulle attività svolte dal Circolo, non sulle attività svolte da altri, chiunque sia, anche se titolare di tessera.
    • • In definitiva:
      • quando il Circolo introita compensi che esulano dalle quote associative o di partecipazione di tesserati alle attività di interesse generale, è obbligato a emettere fattura. Per emettere fattura deve avere la partita IVA. E se non ce l’ha, non può emettere fattura, non può emettere ricevuta, non può ricevere compensi.
      • quando il Circolo paga servizi svolti da terzi (anche se tesserati) deve ricevere regolare fattura da soggetti con partita IVA; non può accontentarsi di una semplice ricevuta.
      • perché? Perché nei casi sopra argomentati l’attività NON è compresa tra le attività di interesse generale previste dallo Statuto e dalla Riforma del Terzo Settore.
    • • In conclusione, facilmente si arriva all’obiezione: si tratta di erogazioni liberali. NON È VERO, si tratta di pagamenti di servizi, perché non ci sarebbero versamenti o introiti se non ci fosse una prestazione. Gli ispettori dell’Agenzia delle entrate non sono sprovveduti e gli ispettori del RUNTS non sono creduloni.