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Riforma del Terzo Settore – paura parte III

Pillola #6 

Se alla fine del secondo millennio la costituzione di circoli NOI era vista come opportunità, oggi, con l’evoluzione normativa riferita agli enti associativi e con l’introduzione della riforma del terzo settore (che non è solo associazionismo) emerge qualche interrogativo.

In effetti dal 1983 (quando ho accettato di occuparmi dei circoli parrocchiali) ne sono passati di anni, la legislazione ha individuato con maggiore chiarezza quali sono gli enti che producono vera promozione sociale, che è anche la vera mission di ogni APS, e solo quella può essere considerata l’attività associativa agevolata, sostenuta, promossa.

Non credo di svelare l’arcano se dico che talvolta i Circoli sono stati “strumentalizzati”, né se racconto che l’ente proprietario pone condizioni paradossali. Se qualcuno finge di sorprendersi, di cascare dal pero, di considerare la svolta determinata dalla riforma come un tradimento del “si è sempre fatto così”, deve ricredersi, perché NOI gliel’abbiamo sempre detto che dal pero prima o poi si casca, e più alto sarà il pero più doloranti risulteranno gli effetti della caduta; e nessuno può illudersi di uscirne indenne.

Mettiamo in chiaro cos’è la “promozione sociale” di cui il NOI si fa carico.

È lo svolgimento di alcune attività elencate all’articolo 5 dello statuto, scelte tra quelle riconosciute nell’articolo 5 del Codice del Terzo settore.

Organizza e gestisce servizi culturali, ricreativi, sportivi, turistico-sociali, teatrali, musicali, mass-mediali; favorisce l’educazione al servizio, alla pratica del dono quale espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo; cura la formazione culturale extrascolastica; opera nel tempo libero per la formazione e la costruzione fisica e spirituale della persona; valorizza le forme espressive, artistiche e di comunicazione del teatro, della musica, del cinema e dei media; promuove il libero associazionismo sportivo; svolge attività residenziale per bisogni culturali e formativi; accoglienza umanitaria e integrazione sociale dei migranti; attività sportive dilettantistiche; beneficenza, sostegno a distanza, erogazioni a sostegno di persone svantaggiate; promozione della cultura e della legalità, della pace tra i popoli, della non violenza, della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani, iniziative di aiuto reciproco, gruppi di acquisto solidale.

Si comincia a rendersi consapevoli della nostra funzione nella comunità di riferimento: operare in totale gratuità per la tutela del bene sociale. Influire positivamente e significativamente nei confronti dei cittadini, creando occasioni di socializzazione, di incontro, di attenzione a situazioni di difficoltà. Si tratta di impattare nella comunità di cui siamo parte con la nostra azione finalizzata a promuovere una migliore qualità della vita.

Accanto a ciò, perché tutto non sia solo un gioco di parole, dovremo imparare a raccontarci, a esporci, a metterci in competizione, a valutare quello che facciamo. Purtroppo in Italia “valutare” viene inteso come giudicare e sanzionare, invece significa dare valore a quello che si fa, con riferimento alle risorse che si hanno, che si producono, che si ricevono. In questo contesto la valutazione assume il ruolo di giudizio di azioni socialmente importanti, accettandone le conseguenze operative che sviluppano la disponibilità al cambiamento, a rendere trasparenti le azioni, le attività, i progetti, sottolineando le eccellenze raggiunte, ma anche insuccessi e difficoltà incontrate.

Affrontando un progetto tanto ambizioso si impara a misurare la quantità e la qualità del coinvolgimento del Circolo NOI nella comunità di riferimento. Nessuno vuole far credere che tutto ciò sia facile, perché i fattori che intervengono sono diversi, molti e sconosciuti, ciò non di meno, i cambiamenti, che possono avvenire a livello sia individuale che di comunità, incrementano la sensibilizzazione, la conoscenza e la comprensione dei temi e dei problemi, con atteggiamenti di consapevolezza, protagonismo e condivisione.

Occuparsi di Terzo settore non può essere visto come opportunità. L’opportunità è una facoltà concessa al cittadino che deve sentirsi obbligato a preoccuparsi e dedicarsi agli altri. Il cristiano non ha opzioni, ha obblighi: è obbligato a preoccuparsi e dedicarsi agli altri. Il cristiano non può limitarsi a pregare per gli altri, deve impegnare tempo, capacità, risorse per la ricerca del bene comune. Se non lo fa, non è cristiano.

Ritengo problematico l’azzardo che il NOI non serve, che si può fare tutto e di tutto anche senza l’associazione, che c’è capacità, possibilità e libertà di fare anche di più senza imposizioni e paletti. Se davvero così fosse, basterebbe meno di due secondi per bollare di ipocrisia le centinaia di parroci che dalle pagine domenicali de l’Arena dichiarano che se il NOI non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Inoltre, risulterebbe ipocrita anche l’edizione Vaticana di “Amministrare la Parrocchia oggi in Italia” quando alla pagina 142 mette per iscritto che “La Parrocchia può dunque svolgere un’attività commerciale, come abbiamo visto diffusamente per il bar, ma va ricordato che in questo caso è sottoposta a tutta la legislazione civile e fiscale dello Stato come qualsiasi altro soggetto commerciale”. Buhm!!!

Commento ( 1 )

  1. Cosa facciamo? Facciamo Qualcosa! ... Cosa? ... Qualcosa! says:

    […] pentole, corsi e varie”.E si conclude con la ripresa di un paio di paragrafi dalla Pillola #06 “Terzo Settore, paura parte III”, che ritengo […]