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Una telefonata …

E’ arrivata questa richiesta.
Buon giorno, Tarcisio, volevo chiederti: se un membro dei  consiglio si comporta male, posso ritirargli il mandato? Attendo risposta.

Questa è la risposta.
Bella domanda. Il fatto è che l’elezione del consigliere è stata fatta dall’Assemblea, non da te. Perfino l’elezione a qualche carica dovrebbe essere stata fatta dal Consiglio stesso. Tu potresti solo togliere incarichi da te stesso attribuitigli, ma non di più.

Quindi:

  • • per togliere incarichi attribuiti dal presidente, basta un atto “scritto” del presidente;
  • • per togliere incarichi assegnati dal Consiglio occorre una delibera dello stesso consiglio;
  • • per farlo uscire dal consiglio occorre delibera dell’Assemblea, appositamente convocata;
  • • per escluderlo dall’associazione (radiazione disciplinare) occorre delibera assembleare (una specie di processo pubblico, neanche da prendere in considerazione).

In ogni caso bisogna che le motivazioni siano pertinenti ed esplicitate molto bene.

Però è necessario approfondire qualche concetto.

Perché un consigliere si comporta male? Come può avvenire un evento del genere? Poiché la fattispecie non è rara, come posso testimoniare dalla mia esperienza in trentatré anni di vita associativa all’interno della Diocesi di Verona, credo di poter dire che la risposta è abbastanza semplice: si son fatte le cose “alla leggera” senza uno straccio di regolamento che preveda le norme da osservare e rispettare nell’importante evento “elettivo”. Ci si fa prendere all’ultimo minuto, quando non c’è più tempo per riflettere con serenità; si cerca con affanno la disponibilità di candidature che spesso sono forzature su persone lontane dall’esperienza associativa, dall’idea di Oratorio e Circolo parrocchiale; se da una parte ci può essere l’ubbia di arrivare a una specie di “potere”, dall’altra si avverte una forma di fuga da responsabilità. Il cambio di “mandato” è un evento frattura, un’attesa di cambiamento, una volontà di rivoluzione. E sul carro del “scoppia la guerra, tutti giù per terra” sale chiunque si mostri interessato, attivista, esibizionista, spigliato di comportamento e di parola, l’amico e il cugino dell’amico, quello che “io lo conosco, è bravo, sa il fatto suo”.

E a nessuno viene in mente che l’evento elettivo ha una regolamentazione propria che parte dallo Statuto del Circolo e arriva a un testo elaborato e studiato qualche lustro fa da una cinquantina di responsabili di Circoli.

Il regolamento è un atto obbligatorio per tutti i Consigli direttivi ad inizio mandato. Nonostante ciò, ad essersene provveduti saranno si e no una decina di circoli. Più del 95% dei Circoli non ne hanno mai considerato l’obbligo e l’utilità.

Si va dal Circolo che ha trovato un elemento disponibile, ma che non è nemmeno tesserato NOI, oppure che è disposto a tesserarsi immediatamente per potersi candidare. Invece lo Statuto prescrive che il candidato deve risultare tesserato da almeno sei mesi. E tale termine si intende – ovviamente – prima della convocazione dell’assemblea elettiva. Tant’è che i soci che si tesserano e che rinnovano la tessera successivamente alla pubblicazione della convocazione non possono esercitare il diritto di voto. La questione non deve stupire, perché la convocazione vale per i soci tesserati alla data di emanazione della delibera del Consiglio, non per quelli che tali diventano o rinnovano successivamente. Se tale principio fosse conosciuto, non si farebbero certi salti mortali per tesserare un nuovo candidato che si vuole iscrivere a tutti i costi; sempre di atto illegittimo si tratta, e perciò del tutto invalido e invalidante per l’intera elezione. Inutile cercare scappatoie, perché non ce ne sono, anzi, sono trappole. 

Ci sono altri principi che tutti dovrebbero conoscere e applicare; eccone alcuni.

I candidati devono godere di “appoggio” da parte di un numero adeguato di tesserati adulti che lo conoscono, ne garantiscono l’affidabilità, la corrispondenza alle qualifiche richieste quali la conoscenza e la condivisione delle finalità statutarie, la frequenza della parrocchia di riferimento con un minimo di attività e di servizio nella stessa, la consonanza e la condivisione del progetto pastorale parrocchiale, l’impegno a presentare formali dimissioni in caso di coinvolgimento in partiti politici di qualunque schieramento fin dalla candidatura a eventuali elezioni a qualsiasi livello, da consigliere circoscrizionale comunale a parlamento europeo; la disponibilità di tempo sufficiente a un servizio effettivo, non solo a fare da scalda-poltrona nelle riunioni di consiglio; garantire il riserbo sulle discussioni che precedono le delibere consiliari e mantenere fede alle stesse quand’anche si risultasse in minoranza.

Le candidature, poi, non sono automatiche: l’ammissibilità è valutata dal Consiglio uscente in collaborazione e coordinamento con il parroco, che sia presidente del circolo, o semplicemente consigliere spirituale. Anche questo aspetto ha un valore fondamentale: stiamo parlando di oratorio o di circolo parrocchiale, ospitato in ambiente di proprietà parrocchiale, a servizio della pastorale parrocchiale.

Si chiarisca una volta per tutte: nel circolo NOI non c’è posto per i politicanti, per gli emergenti, per gli arrivisti, per i despoti, per i “lassa far, che ghe penso mi!”, e roba del genere. Occorre gente seria, capace, innovativa, aperta, disponibile, fedele alla vocazione cristiana, attenta alle necessità e alle attese della comunità parrocchiale, a servizio della parrocchia e del progetto pastorale della stessa.

E se qualcuno non si riconosce in questo spazio, o che gli sembri stretto per le proprie ambizioni, non si preoccupi: su Internet trova almeno altri 499 mila enti alternativi a NOI Associazione che gli apriranno le porte e le finestre che qui gli si chiudono inevitabilmente.

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